ABSTRACT

La teoria generale di Piaget è stata introdotta nel capitolo 2 (si vedano le pp. 16–21). La sua teoria dello sviluppo cognitivo era diretta a spiegare lo sviluppo della conoscenza negli esseri umani, partendo dall’ipotesi che essa ha origine nelle attività sensomotorie del bambino. Piaget asseriva infatti che il bambino costruisce la sua conoscenza attraverso le azioni e che la percezione non è idonea da sola a fomirgli le informazioni sul mondo, ma viene essa stessa strutturata dagli schemi di azione. Tuttavia, come abbiamo osservato nel capitolo 4, le più recenti evidenze sulle capacità percettive dei bambini piccoli non confermano questo aspetto della sua ipotesi. In ogni caso, per valutare le prove a favore e contro la sua teoria, è utile presentare la sua sistematica classificazione degli schemi di azione nel periodo sensomotorio, da 0 a 24 mesi, che egli suddivise in sei sottostadi. Questi sono sinteticamente illustrati nella figura 6.1 e nella finestra 6.1. La teoria gerarchica di Piaget dello sviluppo sensomotorio. https://s3-euw1-ap-pe-df-pch-content-public-p.s3.eu-west-1.amazonaws.com/9780203727003/18330d3f-27a2-407d-b94a-3b41949fa44e/content/fig06_01_B.tif" xmlns:xlink="https://www.w3.org/1999/xlink"/> La teoria di Piaget dello sviluppo sensomotorio

Piaget desiderava spiegare le modalità di acquisizione della conoscenza. Egli sosteneva che il bambino costruisce la conoscenza tramite le attività motorie che lo mettono in relazione con la realtà e generano degli effetti sensoriali regolari. Per questo motivo, Piaget chiamava la prima infanzia lo stadio dello sviluppo sensomotorio.

Sottostadio I: Gli schemi riflessi (0–1 mese)

L’iniziale relazione del bambino con l’ambiente è elementare e awiene tramite semplici riflessi. I riflessi, benché preadattati per stimoli specifici, sono presto applicati ad un’ampia varietà di nuovi oggetti. Ad esempio, il riflesso di suzione, sviluppato per l’alimentazione, è presto applicato ad altre cose, tra le quali la stessa mano del bambino. Nella terminologia di Piaget, il riflesso assimila nuovi oggetti e a sua volta si modifica in base alle nuove proprietà di questi oggetti. Ciò significa che il bambino succhia la sua mano e, anche se ciò non gli fornisce del cibo, tramite la suzione scopre nuove informazioni sulla stessa. Quindi, la suzione permette l’assimilazione dell’informazione sulla mano e, a sua volta, si modifica (si accomoda) per permettere l’esplorazione di oggetti non commestibili.

Sottostadio II: Le reazioni circolari primarie (1–4 mesi)

Quando il riflesso viene coordinato con un altro schema di azione, è chiamato reazione circolare primaria. Questa terminologia è tratta dall’opera di James Mark Baldwin, che per primo descrisse questi ripetuti schemi di azione mostrati dai bambini piccoli (si vedano le pp. 9–10). Una reazione circolare è dotata di uno scopo e non è semplicemente la conseguenza di uno schema riflesso. Il conseguimento dello scopo conclude l’azione e mette in moto un nuovo ciclo di attività. Ad esempio, il bambino può portare la mano alla bocca, toccarsi la bocca, e poi allontanare la mano. La bocca è la meta del ciclo di attività che può essere ripetuta più e più volte.

Il sottostadio delle reazioni circolari primarie si verifica circa da 1 a 4 mesi. Il bambino ripete le attività per il semplice piacere di farlo e, nel corso delle azioni, scopre il proprio corpo: gli occhi che possono vedere, le orecchie che possono sentire, le braccia che possono allungarsi per prendere. Il bambino scopre che gli oggetti possono essere simultaneamente visti e sentiti oppure toccati e riconosciuti. Questi aspetti della consapevolezza di sé sono costruiti nel corso delle attività e sono il risultato dell’assimilazione delle informazioni sugli oggetti e dell’accomodamento degli schemi di azione agli oggetti stessi.

Sottostadio III: Le reazioni circolari secondarie (4–8 mesi)

Nel sottostadio successivo, dai 4 agli 8 mesi, le reazioni circolari primarie vengono coordinate tra loro, ossia vi è un’integrazione gerarchica degli schemi di azione fino ad allora sviluppati. L’interesse del bambino, inoltre, si sposta dalla ripetizione di azioni per il loro piacere intrinseco allo studio delle conseguenze delle azioni. Anche se all’inizio il bambino nota casualmente le conseguenze dei suoi movimenti (ad esempio, il bambino calcia e il soffietto della carrozzina si muove), in seguito comincia a ripetere i movimenti per fare ripetere l’evento interessante. Come nei sottostadi precedents le reazioni circolari terminano con il conseguimento dello scopo.

Sottostadio IV: La coordinazione delle reazioni circolari secondarie (8–12 mesi)

La coordinazione delle reazioni circolari secondarie, che consiste nella loro integrazione gerarchica, si osserva normalmente tra gli 8 e i 12 mesi. Il bambino è ora capace di organizzare delle sequenze di azioni come mezzi per raggiungere dei fini, e non ha più il limite di considerare le conseguenze di una sola azione per volta. Ad esempio, il bambino può coordinate l’azione di raggiungere e afferrare un panno che nasconde un oggetto con la successiva azione di raggiungere e afferrare l’oggetto stesso che viene in tal modo scoperto. Lo schema di azione non solo si conclude, come nei precedenti sottostadi, col conseguimento di un effetto (processo dipendente dal feedback, ossia dalle informazioni di ritorno), ma è anche diretto a uno scopo (processo di anticipazione) poiché, sin dall’inizio, è specificato un fine lontano ed è prodotta una sequenza di azioni coordinate per conseguire tale fine.

Sottostadio V: Le reazioni circolari terziarie (12–18 mesi)

Il successivo importante cambiamento consiste nel fatto che i bambini possono deliberatamente variare i loro schemi di azione nel tentativo di sperimentare attivamente mediante prove ed errori. Essi, quindi, non si preoccupano più solamente di far durare a lungo un evento interessante, ma anche di variare lo stesso evento per poterlo comprendere meglio. Un comportamento tipico è quello di gettare degli oggetti fuori dalla carrozzina. Ciò permette ai bambini sia di indagare le traiettorie degli oggetti e scoprire qualcosa sul principio di gravità, sia di saggiare i limiti della pazienza dei genitori in quel gioco!

Sottostadio VI: la rappresentazione (18–24 mesi)

La prima infanzia termina con la comparsa della capacità di rappresentazione. Piaget utilizza il termine rappresentazione nel senso specifico di rappresentarsi mentalmente la realtà. Prove della comparsa della rappresentazione sono l’imitazione differita, il gioco simbolico, e gli inizi del linguaggio. Dalla capacità di rappresentarsi la realtà deriva la rappresentazione simbolica. I simboli sono collegati arbitrariamente ai loro rėferenti, “stanno al posto” degli oggetti e servono per rappresentarli. I simboli hanno origine nel gioco in cui un oggetto “sta al posto” di un altro, e nel linguaggio in cui le parole e i gesti servono per rappresentare gli oggetti.

La rappresentazione segna la fine del periodo sensomotorio. Adesso il bambino non solo può agire direttamente sulla realtà, ma diviene anche capace di pianificare delle azioni in relazione a realtà immaginate. L’acquisizione della “funzione simbolica”, come la chiama Piaget, segna un cambiamento qualitative verso un nuovo stadio in cui i sistemi simbolici giocheranno un ruolo molto importante nello sviluppo del pensiero.