ABSTRACT

Preciso subito che in questa circostanza non mi interrogherò sull’istituzione in generale né su una qualche accademia particolare. All’accademia guarderò invece dal punto di vista dell’autore, e cioè come a uno degli scenari naturali per il letterato del Cinquecento italiano. Lo farò seguendone le tracce nella vita e nella pagina di Girolamo Ruscelli.2 Un attore che la convenzione storiografica ha voluto compreso — e, passi il gioco di parole, anche compresso — nei ruoli dei comprimari ma che non dovrebbe essere ignorato da chi volesse penetrare quella realtà e darne conto in maniera non preconcetta. In particolare mi proverò dapprima a riferire delle sue occasioni accademiche (a Roma, a Napoli, a Venezia), e poi, su quella base, a rif lettere sulle tracce lasciate da quelle esperienze nell’opera dell’autore. In particolare sul legame strettissimo che è possibile cogliere tra quelle militanze e la rif lessione teorica, ma anche sulla connessione altrettanto stretta che associa quelle stesse militanze e una proposta editoriale che sappiamo essere

stata copiosa, innovativa e in molti casi di successo. Tutto questo naturalmente nella consapevolezza — acquisita relativamente di recente e della quale l’iniziativa odierna è uno dei frutti più significativi — che l’accademia non solo non è mai qualcosa di esornativo né uno scenario intercambiabile, ma al contrario risulta componente primaria del dibattito ideale del secolo xvi.