ABSTRACT

Nel 2003 Pio Francesco Pistilli in un saggio dedicato agli insediamenti rossocrociati di Santa Maria in Aventino nell’Urbe e al locus fortificato di San Felice Circeo, sottolineava come le indagini sulla presenza templare a Roma e nel Lazio partissero da un punto di netto vantaggio rispetto a molte altre regioni italiane. 1 Di certo lo spoglio degli atti processuali del 1309–1310 e di altre fonti documentarie trecentesche effettuate da Giulio Silvestrelli nel lontano 1917, avevano permesso agli storici di poter stilare un elenco completo dei beni posseduti dai Templari nella regione romana, fornendo nel contempo anche indicazioni sul tipo di insediamento. 2 Pistilli aggiungeva però come a tale messe di informazioni documentarie ‘non avesse fatto riscontro un vero e proprio censimento delle strutture ancora esistenti nel territorio e nei pochissimi casi in cui si è avviata non si è andati oltre una generica lettura delle sopravvivenze monumentali, peraltro fagocitate della vegetazione dell’altopiano viterbese’. 3